domenica 29 novembre 2015

LA CASSAZIONE DICE SEI VOLTE "SÌ" - REFERENDUM NO TRIV SEMPRE PIU' VICINO


COMUNICATO STAMPA
COORDINAMENTO NAZIONALE NO TRIV

LA CASSAZIONE DICE SEI VOLTE ""
REFERENDUM NO TRIV SEMPRE PIU' VICINO

I sei quesiti referendari contro le trivelle in mare e su terraferma hanno superato indenni l'esame di regolarità della Corte di Cassazione.

Con due ordinanze adottate il 26 novembre 2015 la Corte di Cassazione ha accolto i sei quesiti referendari così come deliberati dalle Assemblee Regionali di Basilicata, Abruzzo, Marche, Campania, Puglia, Sardegna, Veneto, Liguria, Calabria e Molise.

Le ordinanze verranno comunicate al Presidente della Repubblica, al Presidente della Corte Costituzionale ed ai Presidenti delle Camere, e verranno notificate ai delegati dei dieci Consigli Regionali proponenti.

L'ultimo scoglio da superare sarà l'esame di legittimità costituzionale della Suprema Corte che si pronuncerà entro febbraio 2016.

I sei "SI'" giungono a coronamento di una lunga fase di impegno per la formulazione dei quesiti e della pressione democratica dal basso esercitata da oltre 200 associazioni italiane. L’abnegazione ed il merito della proposta complessiva hanno consentito di intercettare prima l’unanime consenso della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee elettive regionali e, successivamente, lo storico risultato delle 10 delibere di richiesta referendaria, da parte di altrettanti Consigli regionali.

Compiuto questo nuovo passo, è giunto dunque il momento di consolidare il risultato ottenuto preparandosi alla costruzione di un sistema di alleanze -il più ampio e trasversale possibile- e di un percorso organizzativo che consenta di portare al voto la maggioranza degli aventi diritto, senza mediazioni con il Governo su un referendum che ha un obiettivo molto chiaro e non emendabile, se non a rischio di stravolgerne e affievolirne senso e scopo.

La via referendaria è l'unica che possa raggiungere nel breve termine l'obiettivo sia di fermare nuovi progetti petroliferi sia di contenere e ridimensionare il ruolo delle energie fossili nel mix energetico nazionale. 

Ma anche qualora le richieste di modifica normativa in senso No Triv venissero avanzate in buona fede, bisognerebbe tener conto della maggiore efficacia del referendum rispetto a quella, più limitata, dell'abrogazione per via legislativa. I divieti introdotti dal Decreto Prestigiacomo non furono forse rimossi per numerosi progetti petroliferi in mare proprio dall'art. 35 comma 1 del Decreto Sviluppo?

Quindi, non si persegua la strada della modifica per via legislativa delle norme che, per mezzo del referendum abrogativo, è invece possibile cancellare stabilmente dall'ordinamento.
Il Referendum non è nella disponibilità del Governo.

L'Assemblea "Verso il Referendum" dell'8 novembre scorso, rappresentativa delle associazioni vere promotrici del Referendum, ha stabilito in modo unitario ed inequivocabile che nessuno è legittimato a "mediare" o a dialogare con un Governo che più di ogni altro ha dimostrato fredda determinazione nel portare a compimento il contenuto fossile della Strategia Energetica Nazionale e che si appresta ad assestare un colpo mortale al coinvolgimento delle comunità locali e delle Regioni nelle scelte strategiche che determinano il futuro dei territori e del Paese.

Il Referendum è di tutti e ciò significa che nessuno può disporne oltre la Corte Costituzionale e, ovviamente, i Cittadini.

Prossima tappa intermedia sarà l'incontro a Roma, il 9 dicembre prossimo, tra i delegati delle Assemblee delle dieci Regioni che hanno deliberato la richiesta di referendum ed i rappresentanti delle associazioni promotrici del Referendum: in quella sede verranno messi a fuoco i principali aspetti organizzativi e discusse le prime soluzioni che dovranno portarci al voto di primavera.

La strada è tracciata. Adesso tocca percorrerla tutti assieme per arrivare al risultato per anni inseguito: liberare il mare e la terraferma da nuove trivelle ed aprire la strada ad una nuova politica energetica, economica ed ambientale. 

Roma, 28 novembre 2015

domenica 1 novembre 2015

NOI NON MANIFESTIAMO CON I FASCISTI!

Comunicato Stampa congiunto del Coordinamento NoTriv Basilicata e Coordinamento NoTriv Terra di Bari. 




Il 31 ottobre 2015, rappresentanze del Coordinamento NoTriv Basilicata e del Coordinamento NoTriv Terra di Bari sono convenute a Montescaglioso per la manifestazione “No alle trivelle, sì alla terra”, organizzata da Cittadini per i Cittadini, contro le politiche di devastazione del territorio – ambientale, sanitaria ed economica – dettate dalla Strategia Energetica Nazionale e dallo “Sblocca Italia”, per sollecitare una transizione alle rinnovabili e dare impulso alla stagione referendaria dopo che 10 Regioni hanno depositato i sei quesiti contro le trivellazioni in terra e in mare.

Entrambi i comitati NoTriv hanno deciso, però, di abbandonare immediatamente il corteo quando nello stesso si è aggregato un gruppo di militanti di Forza Nuova e Fratelli d’Italia.

Nel rimarcare il carattere democratico e antifascista della lotta notriv, che da anni si qualifica per la richiesta di maggiore democrazia e partecipazione dal basso, per favorire forme di autogestione decentrata dei beni comuni, ribadiamo la più ferma incompatibilità con chi provocatoriamente tenta di imporre modelli autoritari, violenti e dittatoriali. 


Coordinamento NoTriv Basilicata

Coordinamento NoTriv Terra di Bari


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Come abbiamo già ribadito in un precedente comunicato, del 3 settembre 2015, noi siamo notriv e quindi antifascisti! http://notriv-terradibari.blogspot.it/2015/09/18-settembre-siamo-no-triv-quindi.html

martedì 20 ottobre 2015

Contro le trivellazioni nel Mar Jonio. In attesa del Referendum Notriv

Condividiamo il Comunicato Stampa redatto da Rossella Cerra di Unione Mediterranea con il contributo di R.A.S.P.A - Rete Associazioni Sibaritide e Pollino per l'Autotutela - in merito alle osservazioni, inoltrate al Ministero dell'Ambiente, conto le istanze della Global Med nell'off-shore della Calabria, al largo di Crotone e dell'Isola di Capo Rizzuto (“d 85 F.R-.GM”, “d 86 F.R-.GM”, “d 87 F.R-.GM”) e nell'off-shore della Puglia (“d89F.R-.GM” e “d90F.R-.GM”)



Sono state inoltrate il 19 ottobre 2015 le osservazioni contro le integrazioni e le controdeduzioni alle 5 istanze presentate dalla società Global Med (GM) denominate “d 85 F.R-.GM”, “d 86 F.R-.GM”, “d 87 F.R-.GM”, “d 89F.R-.GM” e “d 90F.R-.GM”.
La GM, su sollecito del Ministero dell’Ambiente del luglio scorso ha dovuto integrare la documentazione precedentemente inviata in seguito alle numerose osservazioni giunte a ridosso del Natale scorso.
l documenti sono stati redatti dalla dottoressa Rosella Cerra (che aveva precedentemente scritto alcune osservazioni oggetto delle controdeduzioni) con la collaborazione del dottore geologo Giuseppe Ferraro per conto del Coordinamento Nazionale No Triv RASPA Rete Associazioni Sibaritide e Pollino per l'Autotutela.
Una sorta di dibattito aperto fra società petrolifera e società civile che dovrebbe concludersi con un pronunciamento della Commissione Tecnica del Ministero per un parere di (in)compatibilità ambientale.
All’indomani quindi di quei pareri positivi che la commissione ha presentato per altre tre istanze sempre nello Jonio, la “d79F.R-.EN” dell’Enel Longanesi verso la quale la Regione Calabria e la Puglia hanno esposto ricorso, e le due della Shell “d73F.R-.SH” e “d74F.R-.SH”.
È necessario attivarsi per evitare che tutto il Mar Jonio si trasformi in una unica grande area di estrazione in mare con tutti i rischi e pericoli annessi: dal fenomeno della subsidenza già in atto dalla Sibaritide al Crotonese, dall’inquinamento radioattivo dei fanghi di estrazione, dal rischio di incidente tipo golfo del Messico, dalla compromissione delicato equilibrio fisico-chimico e ambientale del mar Ionio, dalla presenza sui fondali di navi carichi di veleni e rifiuti pericolosi, che per effetto delle correnti marine si estenderebbero a tutto il Mediterraneo.
Per tutto questo abbiamo uno strumento che la società civile può utilizzare per far valere le proprie ragioni contro lo strapotere del governo centrale e l’asservimento alle multinazionali del petrolio. Questo è il referendum.
Lo ribadiamo e rilanciamo l’appello a tutti di farsi promotori della campagna referendaria contro l’articolo 35, comma 1, del Decreto Sviluppo, contro tutta una serie di norme che impediscono alle Regioni ed agli enti locali di potersi pronunciare su scelte che investono direttamente i territori di competenza.
[Rosella Cerra - Unione Mediterranea - e RASPA]

venerdì 16 ottobre 2015

SHELL ABBANDONA L'ARTICO PER JONIO MA RISCHIA GROSSO CON I REFERENDUM

Condividiamo il Comunicato Stampa del Coordinamento Nazionale No Triv in merito al parere positivo concesso a SHELL ITALIA dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, a due procedimenti VIA per ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi nel Mar Jonio.


Le aree, di superficie complessiva di 1348,2 km quadrati, interessano il Golfo di Taranto, motivo per cui tutti i pugliesi dovrebbero attivarsi, sollecitando la politica a rimediare vecchi errori e rigettando fermamente un progetto di devastazione dei propri mari.

SHELL ABBANDONA L'ARTICO PER JONIO MA RISCHIA GROSSO CON I REFERENDUM
Il 13 Ottobre scorso la Commissione Tecnica VIA del Ministero dell'ambiente si è espressa per la compatibilità ambientale di due istanze di permesso di ricerca presentate a fine 2009 dalla Shell Italia Ep.
Le due istanze, contraddistinte dalle sigle d73 F.R- SH e d74 F.R-SH, interessano il Golfo di Taranto e, seppur distinte sotto il profilo autorizzativo, costituiscono per Shell un tutt'uno sotto il profilo industriale.
Delle due istanze gemelle, la d74 F.R-SH è giunta a noi grazie all’art. 35, comma 1, del Decreto Sviluppo, convertito in legge sotto il Governo Monti e oggi sottoposto a referendum abrogativo.
Il suo inquadramento geografico è descritto anche nella Sintesi non tecnica del progetto redatto dalla Shell: "Il punto più a Nord del blocco in oggetto si trova a circa (meno) 12 miglia nautiche da Capo Spulico, la parte più orientale dista circa 8 miglia marine da Trebisacce, mentre il punto più a Sud dista circa 14 miglia da Punta Alice".
Secondo uno studio del MISE, l'area di ricerca è interferente al 100% con una lunga serie di aree interdette ai sensi del Decreto Prestigiacomo (SIC: Fiumara Trionto, Macchia della Bura, Fondali Crosia- Pietrapaola, Dune di Camigliano). Il 30 novembre 2010, infatti, il MISE notificò alla Shell un preavviso di rigetto.
Stessa sorte toccò in pari data alla gemella d73 F.R- SH perché interferente per intero con la Zona di Protezione Speciale Alto Jonio Cosentino.
I progetti espansionistici della Shell nello Jonio, coerenti con la Strategia Energetica Nazionale, possono e devono essere arrestati: grazie allo Sblocca Italia, si fa concreta la possibilità che, una volta individuato il Piano delle Aree ed ottenuti i permessi di ricerca, la compagnia olandese richieda ed ottenga la conversione dei titoli di ricerca in titoli concessori unici.
Tutto questo, però, può essere evitato. È importante, quindi, che:
- le amministrazioni interessate propongano ricorso al TAR Lazio contro i decreti VIA del 13 ottobre scorso;
- la Regione Calabria segua l'esempio della Regione Abruzzo che nei giorni scorsi ha approvato una legge ad hoc per vietare qualsiasi attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi al di sotto del limite delle 12 miglia dalle linee di costa o dalle aree naturali protette;
- nel frattempo vada avanti spedito il processo referendario. Dei sei quesiti referendari, infatti, ben tre (contro trivelle entro le 12 miglia; contro conversione titolo di ricerca in titolo concessorio unico e pronunciamento della Conferenza Unificata Stato-Regioni sul Piano delle Aree, mare compreso) sono in grado di arrestare l'avanzata di Shell nel Golfo di Taranto.
Ma lo sforzo più grande dovrà farlo la politica, rimediando in extremis alle pessime scelte effettuate in materia energetica ed ambientale negli ultimi anni e puntando sulla riconversione ecologica del sistema economico attivando, quindi, tutti gli strumenti di programmazione possibili e disponibili.
16 Ottobre 2015
Coordinamento nazionale No Triv

domenica 27 settembre 2015

Alcune precisazioni sul referendum delle Regioni [di Enzo Di Salvatore]

Enzo Di Salvatore, docente di Diritto Costituzionale dell'Università di Teramo e membro del Coordinamento Nazionale NoTriv chiarisce alcuni dubbi in merito ai referendum notriv abrogativi dell'art.35 del "Decreto Sviluppo" e di alcune parti dell'art.38 dello "Sblocca Italia". 




In che senso il referendum sull’art. 35 del decreto sviluppo del 2012 riguarderebbe anche quelle Regioni che non siano al momento interessate da procedimenti in corso per il rilascio dei permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione di idrocarburi?

Nel 2010, a seguito del disastro petrolifero occorso nel Golfo del Messico, il Governo Berlusconi aveva introdotto nel Codice dell’ambiente una norma con la quale si vietavano la ricerca e l’estrazione del petrolio entro le cinque miglia marine. Questo divieto aveva ad oggetto due ipotesi diverse: le attività petrolifere future e i procedimenti amministrativi non ancora conclusi con il rilascio di un permesso di ricerca o di una concessione di coltivazione. In presenza di un’area marina o costiera protetta, il divieto avrebbe interessato il tratto di mare prospiciente la costa per dodici miglia marine.
Due anni dopo, il Governo Monti interveniva nuovamente sul punto e con l’art. 35 del decreto sviluppo estendeva quel divieto fino alle dodici miglia marine ovunque, facendo, tuttavia, salvi i procedimenti bloccati dal Governo Berlusconi. A seguito di ciò, il Ministero dello sviluppo economico riavviava tutti i procedimenti bloccati: venticinque progetti in tutto, ai quali nel prossimo futuro se ne aggiungeranno altri, come quelli relativi alle attività di prospezione che effettuerà la società Spectrum Geo: un progetto enorme destinato ad esplorare i fondali del mare Adriatico per 30.000 chilometri quadrati e che, terminata la fase della ricerca, verrà ulteriormente “spacchettato” in numerosi progetti di estrazione.
Il quesito referendario sull’art. 35 del decreto sviluppo ha ad oggetto la normativa introdotta dal Governo Monti, con la quale si è rimosso il divieto stabilito dal Governo Berlusconi: esso, pertanto, riguarda solo le attività ancora da autorizzare e non anche le attività già autorizzate.
Tale quesito, invero, interessa anche i tratti di mare di quelle Regioni che al momento non sono interessate da procedimenti in corso, giacché il risultato complessivo che discenderebbe dalla volontà popolare manifestata attraverso il referendum sarebbe quello di non volere né nuove ricerche né nuove estrazioni di idrocarburi entro le acque territoriali. A seguito di un eventuale esito positivo del referendum, il Parlamento o il Governo non potrebbero, infatti, né reintrodurre la norma che consente ai procedimenti in corso di concludersi né rimuovere il limite, applicabile ovunque, della ricerca e dell’estrazione entro le dodici miglia marine: l’obiettivo del quesito proposto è esattamente quello di far sì che il divieto di estrarre idrocarburi entro le acque territoriali sia assoluto. Come la Corte costituzionale ha più volte precisato (v. ad es. sentenza n. 199 del 2012), il Legislatore successivo non può ledere la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria, ponendo nel nulla e vanificando l’effetto utile che dalla stessa discenderebbe. Diversamente – e cioè qualora non si arrivasse ad un pronunciamento popolare di segno positivo – la rimozione del divieto sarebbe in ogni momento possibile.

Quali Regioni sarebbero interessate dall’abrogazione dell’art. 38 dello Sblocca Italia?

Oltre all’abrogazione referendaria dell’art. 35 del decreto sviluppo, le Regioni propongono di abrogare anche alcune disposizioni dell’art. 38 dello Sblocca Italia. Non si tratta di una proposta finalizzata ad un’abrogazione totale di tale articolo, in quanto, alla luce dell’orientamento seguito dalla Corte costituzionale, ciò non sarebbe ammissibile.
I quesiti proposti investono principalmente la “questione democratica”, ossia la partecipazione delle Regioni alle decisioni assunte dallo Stato sia in fase di pianificazione delle attività sia in ordine ai singoli progetti di ricerca ed estrazione degli idrocarburi. Esse interessano tutte le Regioni ed anche gli Enti locali; in quest’ultimo caso, in relazione al rilascio dell’intesa da parte della Conferenza unificata sul “piano delle aree”, che dovrà stabilire dove si potranno effettuare la ricerca e l’estrazione nel nostro Paese.
Nello Sblocca Italia si legge che «le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione». Per parte sua, l’art. 38 dello Sblocca Italia stabilisce chiaramente che il «titolo concessorio unico» sia accordato «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la regione o la provincia autonoma di Trento o di Bolzano territorialmente interessata». Il riferimento alle Province autonome di Trento e Bolzano lascia, appunto, intendere che la disciplina del procedimento trovi applicazione anche alle Regioni a Statuto speciale.

Cosa accade se nel frattempo il Parlamento o il Governo dovessero intervenire e modificare la normativa oggetto di referendum?

Qualora il Parlamento (con legge) o il Governo (con decreto-legge) dovessero intervenire e abrogare le singole disposizioni oggetto di referendum, il referendum non avrà più corso. La Corte costituzionale, con sentenza n. 68 del 1978, ha, tuttavia, chiarito che se l’abrogazione di tali disposizioni non dovesse corrispondere nella sostanza a quella proposta con il referendum, il referendum si celebrerà comunque ed avrà ad oggetto la nuova normativa.

Qual è il rapporto che corre tra il referendum e i ricorsi promossi dalle Regioni dinanzi alla Corte costituzionale sull’art. 38 dello Sblocca Italia?

Il referendum promosso dai Consigli regionali e i ricorsi presentati dalle Regioni alla Corte costituzionale hanno entrambi ad oggetto solo alcune disposizioni dell’art. 38 del decreto Sblocca Italia; essi si muovono, tuttavia, su piani differenti: il referendum agisce sul piano del merito (politico) delle scelte effettuate dal Legislatore; i ricorsi sul piano della legittimità costituzionale di quelle scelte.
Il fatto che siano ancora pendenti i ricorsi davanti al giudice costituzionale non rende inutile il referendum delle Regioni. Può darsi che la Corte consideri le norme impugnate illegittime o può darsi che le consideri perfettamente legittime. Ma in nessuno dei due casi il referendum resterebbe privo di significato. Solo parzialmente,infatti, le norme impugnate coincidono con il referendum deliberato: i quesiti proposti possiedono una propria ragion d’essere “unitaria”, in quanto incidono, più in generale, su ogni decisione relativa alla ricerca e all'estrazione degli idrocarburi; persino sulla partecipazione delle Regioni alle decisioni in ordine alle attività strumentali alla ricerca e all'estrazione. Uno dei quesiti proposti investe, ad esempio, la legge n. 239 del 2004 di riordino del settore energetico, che non è stata (non poteva esserlo) fatta oggetto di impugnazione davanti alla Corte.

Qual è il rapporto che corre tra il referendum delle Regioni e la revisione del Titolo V della Costituzione attualmente in itinere?

La revisione del Titolo V della Costituzione attualmente in itinere si propone, tra le altre cose, di modificare anche il riparto della competenza legislativa tra lo Stato e le Regioni, riconducendo all’esclusiva competenza dello Stato la disciplina dell’energia. Fermo restando che al momento non è possibile conoscere l’esito del procedimento di revisione costituzionale, l’eventuale riconduzione della materia energetica alla competenza esclusiva dello Stato non renderebbe superfluo il referendum. La normativa che restasse in piedi a seguito di un esito positivo del referendum abrogativo non sarebbe di per sé illegittima: è una scelta dello Stato (in questo caso del corpo elettorale) prevedere che alle decisioni dello Stato in fatto di energia partecipino anche le Regioni e gli Enti locali. Certo, a seguito della revisione costituzionale (se supererà indenne il referendum previsto dall’art. 138 della Costituzione, si intende) il Parlamento potrebbe anche stabilire che le Regioni e gli Enti locali non debbano più partecipare alle decisioni assunte dallo Stato in materia di ricerca ed estrazione degli idrocarburi; ma per stabilire ciò occorrerebbe, appunto, una nuova legge, che modifichi l’esito referendario. Il che, mentre non costituirebbe un problema in relazione ad una eventuale pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale sullo Sblocca Italia (essendo il quadro costituzionale ormai cambiato), lo sarebbe, però, in relazione all'esito referendario: Il Titolo V riscritto non vieta né impone che lo Stato possa continuare a coinvolgere gli Enti territoriali. Ragion per cui, sebbene conforme al nuovo Titolo V, una decisione dello Stato che escludesse successivamente con legge le Regioni e gli Enti locali dalle decisioni in materia di energia annullerebbe chiaramente l'eventuale esito positivo del referendum. E questo costituirebbe un problema: sia giuridico (che investe, come sempre, il problema dei limiti dell'intervento del Legislatore successivo all'esito referendario) sia politico. La Corte costituzionale, come si è detto, è stata chiara: non si può successivamente reintrodurre una norma abrogata per via referendaria perché altrimenti resterebbe vanificato l'esito referendario.



foto di Francesco Delia - R.A.S.P.A
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venerdì 25 settembre 2015

Oltre il Referendum: Pertusillo e Tempa Rossa.




Martedì 22 settembre 2015 la Regione Puglia si è riunita in Consiglio in seduta monotematica sulle trivellazioni, così com’è era stato annunciato dal governatore Emiliano il 18 settembre durante la Conferenza delle Regioni del Sud presso la Fiera del Levante.

All’ordine del giorno la richiesta di un referendum abrogativo, proposta dal Coordinamento Nazionale NoTriv, dell’art. 35 del “Decreto Sviluppo” del 2012 - che riattiva le procedure, per le istanze presentate sino al 2010, per la ricerca e prospezione di idrocarburi in mare entro le 12 miglia marine - e di alcune parti dell’art. 38 dello “Sblocca Italia”del 2014 - che di fatto esautora le Regioni del potere decisionale e legislativo nelle politiche energetiche -, su cui il Consiglio Regionale si è espresso all’unanimità in maniera favorevole.

Leggiamo quanto sta avvenendo in questi giorni come un segnale positivo, soprattutto per i movimenti. Pur trovandosi, infatti, ad agire in uno scenario asfittico e desolante, dimostrano di avere ancora la capacità di incidere sulle scelte politiche istituzionali, nel momento in cui, però, si fanno portatori di istanze radicali all’interno di mobilitazioni costruite dal basso.

Proprio per questo, così come ribadito prima nella piattaforma e successivamente anche nella e dall’assemblea del presidio #18S_NOTRIV, riteniamo che questo referendum debba essere SOLO una delle vertenze, che va ad affiancarsi a quelle specifiche di ciascun territorio, della lotta contro le trivellazioni.

Tra le richieste del Coordinamento NoTriv Terra di Bari, protocollate il 25 agosto presso la Regione Puglia e consegnate ai governatori del Sud alla Fiera della Levante, ne sono presenti due ineludibili e fondamentali che hanno per oggetto le analisi delle acque del Pertusillo e il blocco di Tempa Rossa a Taranto.

Perché chiediamo che la Regione Puglia si attivi affinché le autorità competenti effettuino dei controlli ripetuti sulle acque di un lago lucano?

Il lago del Pertusillo è un bacino idrico-potabile che rifornisce anche l’Acquedotto Pugliese, alimentando la Puglia centro-meridionale (Taranto, Brindisi e Lecce) e settentrionale (le aree del barese) interconnettendosi, nel nodo idraulico Gioia - Bari, con le acque del Sele, che proviene dalla Campania.
È situato a soli circa 10 km dal Centro Oli di Viggiano nella zona della Val D’Agri (Potenza), “il più grande giacimento on-shore dell’Europa occidentale”, come la definisce la stessa ENI che in quest’area gestisce la quasi totalità delle estrazioni petrolifere e gassose.

Nel 2010 in questo lago, in seguito ad una morìa di pesci, sono state effettuate analisi che hanno prodotto dei dati allarmanti, evidenziando un inquinamento sia biologico che chimico. È stata riscontrata la presenza di idrocarburi e metalli pesanti - alluminio, bario, cadmio, manganese, piombo, nichel, ferro - alcuni dei quali utilizzati nelle stesse attività estrattive. Tutte sostanze che non dovrebbero in alcun modo trovarsi in bacino a destinazione d’uso potabile.

La Regione Basilicata e l’ARPAB (Agenzia Regionale per l’Ambiente della Basilicata) da subito hanno minimizzato e rassicurato sull’appartenenza del Pertusillo alla categoria A2 (trattamento fisico e chimico: normale e disinfezione).

Peccato che il monitoraggio e la relativa pubblicazione sul sito dell’ARPAB sia ferma al 2012!  E peccato, soprattutto, che il Piano di monitoraggio ambientale in Val d’Agri sia stato realizzato e redatto assieme all’ENI, ovvero lo stesso soggetto che deve, o dovrebbe, essere sottoposto ai controlli. [http://www.eni.com/eni-basilicata/news/2015/2015-06-06-primo-workshop.shtml]

A rassicurare i pugliesi ci ha invece pensato Vito Palumbo, responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne di AQP, affermando in un’intervista televisiva che il «potabilizzatore non preleva l’acqua in superficie o nel fondo, ma ad un livello intermedio dove l’acqua è migliore».

Alla luce di una nuova ondata di morìa di pesci verificatasi quest’estate, che qualcuno ha provato a spacciare come conseguenza del troppo caldo, e di nuove analisi che sono state effettuate e che rilevano la presenza di idrocarburi e di sostanze cancerogene negli stessi pesci [http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/pesci-pertusillo-contaminati-16-idrocarburi-diversi-metalli-pesanti-microcisti-18487.php], crediamo che la Regione Puglia debba impegnarsi nel tutelare la salute dei propri cittadini.

Non dare seguito alla nostra richiesta, più che mai legittima, di effettuare ripetuti controlli per verificare la presenza di idrocarburi e metalli pesanti nell’acque del Pertusillo e in quelle che arrivano nelle case dei pugliesi, rendendo pubblici e consultabili i dati, sarà una responsabilità politica pesantissima.

Un’altra questione ci lega alla Basilicata ed è Tempa Rossa: un giacimento di idrocarburi situato nell’Alto Sauro, tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il Parco Nazionale del Pollino, un progetto che prevede lo stoccaggio a Taranto del petrolio lucano estratto dalle compagnie Total, Shell e Mitsui.

Nell’ottobre del 2001 viene costruito un oleodotto di 136 km che collega il Centro Oli di Viggiano con la Raffineria Eni a Taranto.

NEL 2011 viene messo a punto un piano di potenziamento di Tempa Rossa, atto ad aumentare la quantità giornaliera di barili e di gas prodotta, che coinvolge sia la Basilicata (aumento del numero di pozzi di estrazione, costruzione di un altro centro di trattamento oli) sia la Puglia (il prolungamento del pontile già in uso all’Eni di Taranto e l’adeguamento dei servizi ausiliari asserviti al pontile la costruzione di due nuovi mega serbatoi; costruzione di una nuova linea di trasferimento del greggio dai nuovi serbatoi al nuovo pontile; costruzione di un nuovo impianto pre-raffreddamento; la fabbricazione di due nuovi impianti di recupero vapori).

Un progetto che le compagnie petrolifere millantano essere a impatto zero, ma che invece andrebbe evidentemente ad incrinare ulteriormente gli equilibri alquanto fragili di entrambi i territori.

Durante la conferenza di servizi del 17 luglio 2014 con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Puglia guidata da Nichi Vendola ufficializza il via libero al progetto, ignorando completamente sia il parere contrario espresso del Consiglio Comunale di Taranto sia il parere sfavorevole dell’ARPA.

«Gli impianti sorgeranno in un’area in cui la precedente caratterizzazione aveva evidenziato alcuni superamenti sia per il terreno che per la falda. […] L’esercizio di questi impianti comporterà un aumento delle emissioni diffuse pari a 10 tonnellate/anno che si aggiungeranno alle 85 tonnellate/anno (con un incremento del 12%). […] Vista la situazione di criticità ambientale di Taranto questa Agenzia ha evidenziato la perplessità di realizzare un simile impianto in quanto lo stoccaggio del greggio, che verrà mantenuto ad una temperatura di 40 gradi, comporterà la emissione di composti organici volatili, tra cui anche gli Ipa» [Parere dell’ARPA Puglia del 29 marzo 2011]

La decisione, però, espressa dall'allora governatore Vendola sembra non essere condivisa dall'intera giunta. Viene convocata con un’urgenza la Commissione Ambiente della Regione Puglia e ad ottobre del 2014 la giunta approva una delibera per chiedere il riesame del decreto ministeriale con cui è stata concessa la Valutazione di Impatto Ambientale – Autorizzazione Integrata Ambientale (DM 573/2011). 

Il Comune di Taranto con una delibera del 5 novembre del 2014 ha provato ad opporsi al colosso del petrolio, escludendo dalla variante al piano regolatore del porto le due opere di Tempa Rossa - allungamento del pontile petroli e costruzione di due serbatoi di stoccaggio -, atto prontamente impugnato dall’Eni e accolto dal TAR di Lecce con sentenza del 17 giugno 2015.

È notizia di oggi che il progetto sembra aver subito un momentaneo arresto. La Total annuncia un taglio degli investimenti per il giacimento in Basilicata a causa del persistente andamento negativo della quotazione del petrolio.

Per quanto ci faccia tirare un sospiro di sollievo, non incide rispetto alle richieste che poniamo alla Regione Puglia. 

Ricordiamo, infatti, che Il progetto Tempa Rossa, per il quale è stato approvato il 20 febbraio 2015 dal Ministero dell’Ambiente un apposito provvedimento per accelerarne i lavori, è stato dichiarato dal governo un’opera strategica a livello nazionale, tanto da far inserire nell’ultima legge di Stabilità del 2015 un emendamento che di fatto mette al riparo Tempa Rossa nella sua interezza, sbloccando “l'effettiva realizzazione dei progetti per la coltivazione di giacimenti di idrocarburi" e semplificando le procedure in merito alle infrastrutture necessarie allo sfruttamento del greggio.

Il progetto è stato solamente rinviato, la multinazionale francese ha affermato che i lavori riprenderanno nel 2017. Non possiamo certo permettere che le nostre vite possano dipendere dagli andamenti del mercato.

La Regione Puglia deve fare tutto quanto di sua competenza per bloccare l’ampliamento di TEMPA ROSSA!

Queste politiche, scellerate e miopi, porterebbero Taranto, città che ormai da decenni subisce i danni della devastazione ambientale prodotta dalle industrie, completamente al collasso; andrebbero ad  incrementare un inquinamento, già presente allo stato attuale, delle falde acquifere e dei terreni lucani. 

Taranto e la Basilicata sono il simbolo di un modello di sviluppo vecchio, privo di prospettive, che continua ad ingannare le popolazioni con il ricatto del lavoro.

Sia il Pertusillo che Tempa Rossa fanno emergere un elemento importante: la Puglia sta già vivendo le inevitabili conseguenze delle trivellazioni, seppur di quelle che avvengono su terra ed in una regione a noi vicina, la Basilicata.

I territori sono tra loro interconnessi, l’inquinamento ambientale e tutto ciò che questo comporta non conosce di certo confini.


foto di Felisiano Bruni  (Rumore Collettivo)
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martedì 22 settembre 2015

Regione Puglia: delibera all'unanimità per il referendum "NO TRIV"



Sotto pressione dei "comitatini", anche la Puglia ha deliberato all'unanimità l'indizione del referendum abrogativo dell'art.35 del "Decreto Sviluppo" e alcune parti dell'art.38 dello "Sblocca Italia".
I cittadini italiani potranno finalmente avere voce in capitolo sulle trivellazioni petrolifere e quindi sul modello di sviluppo che si vuol dare ai territori.
Pur esprimendo grande soddisfazione per il primo passo fatto, il Coordinamento No Triv Terra di Bari vuole ricordare a tutt* che questo "È SOLO L'INIZIO"!

Coordinamento NoTriv - Terra di Bari


Le conclusioni del Governatore Michele Emiliano 
sul dibattito portato avanti dai gruppi consiliari.


Il momento del voto in Consiglio 

L'edizione del TGR Puglia del 22/09/2015 - ore 14: 


foto e video di Rosanna Rizzi

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lunedì 21 settembre 2015

Croazia: "Il Governo Centrale agisce silenziosamente per approvare i piani di trivellazione in mare"

Appello di Sam Evich portavoce di  Clean Adriatic Sea Alliance 





"Il Governo Centrale Croato, approfittando della crisi umanitaria e dell'afflusso dei rifugiati sul proprio territorio, sta facendo passare in silenzio i propri piani di trivellazione nell'Adriatico.
Non vi sono comunicazioni con i media, non vi sono informazioni sui siti istituzionali, tranne sul nostro profilo twitter [https://twitter.com/CleanAdriatic], ma quello che è certo è che giovedì prossimo, 24 settembre 2015, è pronto a firmare tutti i contratti relativi alle prospezioni in Adricatico, con INA, ENI e MedOilGas, oltre ai contratti su terra ferma.
Quando ho sentito la notizia mi sono sentito male. Ciò che rende questo momento ancora peggiore è che il popolo croato non è stato informato adeguatamente durante il processo di ricerca e il progetto continua ad andare avanti, senza che la maggior parte della popolazione ne conosca i dettagli.
CASA ha lavorato quasi ininterrottamente per 2 anni, e anche se mancano solo 3 giorni a giovedi, tutti hanno lavorato troppo duramente per appendere ora le scarpe al chiodo. Indipendentemente dal risultato, vogliamo farvi sapere che c'è ancora la speranza incrollabile di andare avanti.
Se ci credete anche voi e vi sentite inclini ad agire per fermare questa follia, vi chiedo di agire prima di giovedì, di intraprendere qualunque azione possa accendere una scintilla per alimentare il fuoco di cui abbiamo bisogno.
Se non mostrerà i suoi frutti giovedi, lo farà poco dopo.
Pertanto, nonostante sarà difficile rompere il silenzio dei media, vi preghiamo di continuare a condividere e a ritwittare i nostri post con quanta più gente possibile.
Per chiunque tra voi abbia contatti influenti, connessioni di alto profilo, chiunque essi siano nella società, vi preghiamo di contattarli ADESSO.
Ad esempio, sentitevi liberi di condividere questa lettera al Papa scritta da diversi cittadini del mondo: http://bit.ly/1CtJi2t
Se il Papa spendesse pubblicamente qualche parola contro le trivellazioni nell'Adriatico, immaginiamo che avrebbe un certo effetto sulla popolazione, sul paese, sui suoi leader.
Se avete suggerimenti ed idee, siete invitati a condividerle su twitter con un messaggio privato al profilo @CleanAdriatic.
Grazie per la vostra attenzione e per il vostro sostegno.
Spero che potremo agire insieme per proteggere il mare Adriatico.
Cordiali saluti,
Sam Evich
Fondatore di Clean Adriatic Sea Alliance"

foto di Felisiano Bruni
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domenica 20 settembre 2015

REFERENDUM NOTRIV: È SOLO L'INIZIO


COMUNICATO STAMPA DELL'ASSEMBLEA DELLA MOBILITAZIONE INTERREGIONALE #18S_NOTRIV - Bari, Fiera del Levante, 18 settembre 2015


Il 18 settembre 2015 in concomitanza con la Conferenza delle Regioni del Sud sul tema delle trivellazioni, a cui hanno partecipato i Presidenti di Regione Puglia, Basilicata, Calabria, Marche, Molise e Abruzzo presso la Fiera del Levante di Bari, si è svolta fuori dalla stessa Fiera la manifestazione interregionale  #18S_NOTRIV, promossa da comitati e associazioni notriv che, nei giorni precedenti, in vista dell’evento, avevano sottoscritto una piattaforma comune.

Al presidio, che sin dalla mattina Prefetto e forze dell’ordine avevano tentato di tenere relegato su un marciapiede lontano dall'ingresso della Fiera, hanno preso parte circa 300 esponenti di realtà provenienti da Puglia, Basilicata e Calabria.
Nonostante l’implacabile calura, la manifestazione, vivace e colorata che ha visto la partecipazione di un simpaticissimo “servizio d’ordine” di clown army, si è spostata, con striscioni, bandiere, altoparlanti, verso l’ingresso della Fiera, ignara dello schieramento in assetto offensivo della polizia.

Mantenendo una costante attività di trattativa, la manifestazione ha insistito per poter delegare almeno due portavoce per ognuna delle regioni presenti, riuscendo alla fine però ad esprimerne tre, ottenendo in questo modo un canale di rappresentanza diretto del presidio.

I delegati di Puglia, Basilicata e Calabria hanno partecipato, assieme a Carmela La Padula, referente del Coordinamento Nazionale NoTriv, al vertice e alla successiva conferenza stampa. Hanno preso la parola davanti a tutti i delegati delle associazioni - Greenpeace, WWF, Legambiente - e comitati pugliesi già presenti in sala, e alla stampa locale e nazionale, spiegando le ragioni del presidio.

L’obiettivo che ci si era posti è stato raggiunto, ovvero consegnare alle istituzioni presenti i documenti redatti dalle realtà territoriali delle varie regioni presenti e non: la piattaforma della manifestazione, sottoscritta da 64 realtà; le richieste del Coordinamento NoTriv Terra di Bari, già protocollate presso la Regione Puglia il 25 agosto scorso; gli appelli del Coordinamento NoTriv Basilicata e del Comitato popolare NoTriv Licata.

Al termine del presidio e dell'incontro con i Presidenti di Regione, si è tenuto all’esterno della Fiera del Levante un momento organizzativo e di riflessione che ha permesso di arrivare ad alcune conclusioni e proposte.

Tutti i partecipanti hanno valutato positivamente il fatto che 9 regioni (ad oggi siamo già a 12 e la Basilicata ha già deliberato) abbiano finalmente calendarizzato, a seguito delle tante mobilitazioni sviluppatesi sul territorio nazionale, la votazione nei rispettivi consigli regionali delle delibere per la richiesta di consultazione referendaria per abrogare l’art.35 del "Decreto Sviluppo" e alcune parti dell’art.38 dello “Sblocca Italia”. Sottolineando, però, la preoccupazione per la posizione del Presidente della Regione Calabria che, avendo stabilito il proprio Consiglio Regionale in data 28 settembre e, nonostante l'apertura durante la conferenza ad anticipare lo stesso, sembra non aver compreso appieno i tempi e le prassi procedurali.
Ora più che mai quindi, si evidenzia la necessità di mantenere alta l’attenzione lanciando presidi fuori dai consigli regionali, calendarizzati e non, per blindare politicamente la delibera.

Si è inoltre convenuti sul fatto che la nostra azione politica non possa e non debba in nessun caso appiattirsi sui referendum, ma che si debba continuare con determinazione ad allargare e a rafforzare una rete interregionale inclusiva, che sappia ancor più radicare il riconoscimento sul territorio delle assemblee aperte e costruite dal basso, quali luoghi di confronto e di decisione strategica, in grado di rilanciare  e connettere le innumerevoli vertenze territoriali.

Infatti, la stessa piattaforma della manifestazione non rivendicava solo la necessità dei referendum e delle consultazioni transfrontaliere con gli altri Paesi del Mediterraneo, ma constava anche di altri punti fondamentali: la tutela e la valorizzazione dell’acqua, dell’agricoltura, della pesca, del turismo, e della salute delle popolazioni, iniziando dai controlli sulle acque dell’invaso del  Pertusillo; il blocco dell’ampliamento della raffineria dell’Eni di Taranto in cui viene stoccato il greggio di Tempa Rossa; la presenza delle cosiddette “navi dei veleni” nell'area ionica calabrese.

Un'altra considerazione va fatta, invece, sul tentativo da parte dei Presidenti di Regione di purificare questa importante calendarizzazione di ogni legittimità politica e di ogni significato oppositivo nei confronti dell'attuale Governo Renzi, di fatto il titolare dell'ansia distruttrice e di accreditamento lobbistico, svelata attraverso le varie autorizzazioni a procedere con le attività di ricerca e prospezione. Ci sembra, infatti, ipocrita e strumentale l’atteggiamento di chi riconosce il problema, si impegna per arginarlo ma non individua i responsabili di questa scelta anacronistica e priva di ogni rispetto dei territori, delle loro peculiarità e dei loro diritti a scegliere il modello più congeniale di sviluppo.

Il risultato politico della giornata del 18 Settembre alla Fiera del Levante è di certo di rilevante spessore, foriero di possibili cambiamenti non solo nelle strategie di comunicazione mediatica, ma riguardanti il riconoscimento oggettivo dell’azione propositiva dei movimenti, che sul terreno dei beni comuni hanno saputo aprire nel nostro Paese, nell'ultimo decennio, uno spazio di ricomposizione sociale ineludibile che in questo momento deve sapersi dotare di una capacità programmatica matura in grado di indicare una concreta prospettiva di transizione a modelli cooperativi e decentrati di produzione e di gestione dell’energia necessaria da rinnovabile pulito.

Si tratta di una sfida di alto profilo, che non ha nulla a che vedere con le valutazioni di merito (che pur devono essere approfondite e mai abbandonate!) degli opportunismi, delle ipocrisie politiciste, tipiche dei voltagabbana carrieristi di partito.
A Bari è venuto a compimento un fatto di portata storica nel nostro Paese. Non dobbiamo sottovalutare che ciò accade in un contesto di cortocircuito tra decisionalità e decisionismo; tra crisi e liberismo; tra cancellazione delle prerogative costituzionali e centralizzazione autoritaria dei poteri statali nelle mani di uno spregiudicato esecutivo.
Dovremo decidere quale piattaforma e quali strategie adottare, considerando che non ci troviamo certo a dover affrontare, nei prossimi mesi e nei prossimi anni a venire, questioni di tipo “soltanto” ambientale.

Dopo il 30 settembre quindi, al netto delle delibere e del deposito dei quesiti referendari da parte delle rispettive Regioni, le varie realtà e associazioni e singoli che sostengono e hanno sostenuto la proposta referendaria del Coordinamento Nazionale No Triv, si sono autoconvocate, in data e luogo da stabilirsi, in un’assemblea interregionale. Anzitutto, per valutare quanto accaduto, i possibili tentativi di “aggiramento” sempre in agguato da parte di una  compagine  politica adusa al rovescio ed ai doppiogiochismi; nonché per approntare e rafforzare un percorso a medio e lungo periodo congiunto e partecipato.
Si è pensato ad un luogo che sia contemporaneamente il più baricentrico possibile e, soprattutto, emblematico degli attuali sviluppi della vicenda estrattiva.


assemblea mobilitazione #18S_NOTRIV



foto di Felisiano Bruni
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